giovedì 2 settembre 2010

MPS I PROBLEMI AUMENTANO


E' settembre e MPS non pensa certo a vendemmiare.... CHI SEMINA GRAMIGNA (MUSSARI) NON PUO' CHE RACCOGLIERE ERBACCE.

Come l'articolo che segue dimostra.... Il Montepaschi (per colpa di Mussari e solo di lui) ogni trimestre è obbligato a vendere i gioielli di famiglia per non MORIRE (ovvero per non lanciare un aumento di capitale).

Il titolo in borsa è sorretto dalla sala trading di proprietà che fa il bello e il cattivo tempo, e da voci che ogni tanto ricordano di un possibile aumento di capitale dedicato a qualche nuovo socio forte (magari Caltagirone o perchè no, Banco Santander che comprerebbe 3000 filiali spendendo la metà di quello che incassò nel 2008 da Mussari per 1000 sportelli....

MUSSARI IL DISTRUTTORE DI RICCHEZZA E' PERO' STATO PREMIATO PER LA SUA OPERA DAL SISTEMA (e questo spiega chi ordinò quell'operazione...voluta da Geronzi, Bazoli e la sinistra italiana in cambio di chissà cosa...)

MA PASSIAMO ALL'ARTICOLO

La scorsa settimana sono arrivati i risultati del Monte per il primo semestre
dell!anno e la strabica informazione dei quotidiani senesi è partita, come al solito, con squillanti titoli di soddisfazione parlando di “Banca in salute”, di “balzo in
Borsa” o di brindisi nella Rocca. Ma i giornali nazionali hanno usato ben altri termini, parlando di “utile netto in calo” e soffermandosi su dati diversi da quelli
destinati a strabiliare noi senesi.
Dove sta la verità?
Il fatto che, dopo molto tempo, sia stato il Direttore Generale Vigni e non il residente ad apparire in prima linea lascia già sorgere qualche sospetto sul fatto
che ci si possa vantare a ragione dei risultati. Ed anche l!aver anticipato
la presentazione al giovedì invece di lasciare come al solito agli analisti il #ne settimana per riflettere prima di far “correre” la borsa non sembra proprio frutto
del caso.
In realtà i dati sono piuttosto semplici da leggere: rispetto allo stesso semestre del 2009, l!anno in cui la Banca si è vista costretta a non distribuire dividendi, l!utile netto è calato da 332,1 milioni di euro a 261,1. Gli esperti si attendevano un risultato ancora peggiore, come nota Repubblica, ma sono giunte in soccorso le solite plusvalenze prodotte da vendite di patrimonio (stavolta sono stati 184,2 milioni derivanti soprattutto dalla cessione di filiali alla Cassa di Risparmio di Firenze) e si è evitato il dramma. Senza le vendite, infatti, l!utile sarebbe
stato inferiore ad 80 milioni, una cifra inspiegabile per una banca da 3.000 sportelli, che consiste in un rendimento semestrale dello 0,49% rispetto ai 16,3 miliardi di patrimonio esposti in bilancio.

Comprando dei Bot, nonostante i tempi, si guadagna di più!
Anche gli altri dati non fanno certo brindare: i margini dell'attività sono invariati o in calo, le spese si sono ridotte solo di poco nonostante le continue
fuoruscite di personale, si è avuto un leggero incremento della raccolta (+1,8%) ed uno ancor più lieve degli impieghi (+0,3%) che sono anche peggiorati nella
qualità. A questo proposito, si vede che a fronte di 470 milioni di aumento dei “prestiti” si ha anche un aumento di 365 milioni dei crediti in sofferenza
e di 531 milioni dei crediti incagliati, senza che si sia notato un
corrispondente incremento dei fondi di riserva.


E allora perché, vien da chiedersi, in una tale situazione si sbandiera che quest!anno si tornerà a distribuire dividendi? Semplicemente perché la Fondazione, dopo l!assenza di dividendi dello scorso anno, non può dissanguarsi continuando
a distribuire le riserve né cessare le erogazioni proprio nell!anno delle elezioni comunali a Siena.
Qualcosa la Banca gli deve assolutamente distribuire, magari iniziando a vendere gli
ultimi beni, gli immobili di proprietà, come è stato annunciato da due anni.

mercoledì 19 maggio 2010

Male la Banca a fine marzo


Ancora assente il promesso rilancio degli utili

I risultati del primo trimestre 2010 presentati dalla Banca non hanno purtroppo segnato quello “scatto di reni” che era stato annunciato in assemblea e che avrebbe dovuto assicurare un pronto ritorno ad utili consistenti e quindi al pagamento dei dividendi ai soci. L’utile di periodo si è infatti fermato a 142,2 milioni contro i 301 milioni ottenuti nello stesso trimestre del 2009 nel quale, si affretta a precisare la Banca, erano compresi 194 milioni di plusvalenze derivanti da vendite. Il messaggio che viene lanciato al mercato è che l’utile sarebbe pertanto migliorato nonostante il suo dimezzamento, ma resta il fatto che, se le tendenze degli altri trimestri confermeranno quelle dello scorso anno, sarà ben difficile riuscire a replicare il pur modesto risultato del 2009.
E’ evidente che, per ottenere quel ritorno ai dividendi che il Presidente della Fondazione ha definito irrinunciabile, bisogna sperare soprattutto sull’effettivo verificarsi delle vendite annunciate da tempo, cioè il pacchetto di filiali il cui passaggio a Intesa è stato sospeso fino a settembre, gli eventuali ulteriori filiali da cedere ad altri compratori ancora da individuare, oppure la vendita dell’intero patrimonio immobiliare anch’essa già annunciata e poi sospesa dall’autorità di vigilanza.
Tornando al bilancio trimestrale, anche in questa occasione vengono enfatizzati successi su aspetti che finora non sono stati sufficienti a produrre risultati positivi: contenimento dei costi, soprattutto sul fronte del personale, e leggeri aumenti del lavoro e dei ricavi, secondo una costante riassumibile nell’espressione “lavoriamo un po’ di più per guadagnare di meno”. In parte, purtroppo, anche questi “successi” vengono ottenuti ricorrendo a degli “imbellettamenti” che possono sfuggire ad osservatori disattenti. Per esempio, dice il comunicato che “il totale dei ricavi cresce del 4,2% rispetto al 4°Q09 ma si pone in calo del 4% a/a”. Che significa? Semplicemente che i ricavi del primo trimestre 2010 sono aumentati rispetto all’ultimo trimestre del 2009 (il “4° Q09” appunto, cioè il periodo più negativo dello scorso anno) ma sono diminuiti rispetto allo primo trimestre del 2009 (“a/a” nel comunicato) cioè rispetto al periodo sul quale andrebbero correttamente fatti i raffronti e che ci fornisce ulteriori dati negativi. Vediamo infatti che è calato sia il margine finanziario e assicurativo, sia quello di intermediazione primario e, se le commissioni aumentano di 12 milioni, il margine d’interesse cala di 42 milioni.
Siamo noi a vedere il bicchiere mezzo vuoto? Non crediamo, visto che i mercati hanno accolto il bilancio trimestrale con una ennesima scivolata della quotazione dell’azione Monte.

Quei preziosi clienti da coccolare!



“Volumi commerciali e quote di mercato in crescita, acquisiti più di 20.000 nuovi clienti”. Questa è una delle espressioni più in mostra del comunicato stampa con il quale il Montepaschi ha reso noti i risultati del primo trimestre di quest’anno.
Ma, ci siamo domandati, 20.000 nuovi clienti sono tanti o pochi? Il calcolo, pur all’ingrosso, è molto semplice anche per un bambino ai primi rudimenti matematici: 20.000 nuovi clienti divisi per le 3.000 filiali del gruppo Monte fanno 6,6 nuovi clienti a filiale che, di primo acchito, possono sembrare tanti per lo sportello, ad esempio, di Pianella e un po’ pochini per lo sportello centrale di Firenze o di Roma. Poi ci ricordiamo che stiamo parlando di un trimestre, cioè di circa 13 settimane che, per 5 giorni lavorativi, fanno un totale di 65 giornate lavorate. Il conteggio è terminato: 65 giorni per fare 6,5 nuovi clienti ci dicono che una media filiale del terzo gruppo bancario italiano (il Monte appunto) riesce a conquistare un nuovo cliente ogni 10 giorni. Immaginiamo con quante “feste” è stato accolto ciascuno di questi nuovi clienti. E vogliamo sperare che l’assenza di notizie sui clienti persi nello stesso periodo dipenda dall’inconsistenza di questo dato.

Il Monte ama le Società di Gestione

In una fase di mercato in forte movimento a soffrire di più sono quelle Sgr (società di gestione dei risparmi) che non riescono a difendere i “fondi” gestiti moderando le perdite e cogliendo le opportunità; tra queste è particolarmente negativo il caso della Total Return Sgr, partecipata per l’11,25% da Mps Investiments. L’inserto Plus del Sole 24 Ore nota che la Banca senese è presente anche in altre quattro Sgr, con una quota importante 8il 33%) in Prima Sgr, il 45% in Fabbrica Immobiliare, il 100% in Mps Venture e il 29% in Sviluppo Imprese Centro Italia. “Tante società di gestione con altrettanti centri di costo” osserva il quotidiano finanziario.

I compensi in Fondazione

Finalmente qualche dato ufficiale

Si era molto parlato degli “incrementi Istat” che gli organi amministrativi della Fondazione si erano assegnati e, da parte di Zoom, avevamo notato che in quel dibattito intorno agli aumenti mancava all’appello un importante dato di partenza, cioè la consistenza di partenza di quei trattamenti che avevano in effetti avuto soltanto un precedente ritocco da quando erano stati fissati all’inizio della Presidenza Mussari. Ora ha provveduto Il Sole 24 Ore a colmare quel vuoto informativo spulciando i bilanci delle 25 fondazioni bancarie (su 88) che li hanno già messi a disposizione. Il quotidiano finanziario ha anche segnalato numerosi casi di riduzione dei compensi in presenza della situazione di crisi: -18% per il segretario generale del Sanpaolo e, soprattutto, il caso della Cariplo (ex Province Lombarde) dove i consiglieri di amministrazione hanno rinunciato a metà del compenso fisso e, su base volontaria, a metà dei gettoni di presenza ottenendo un risparmio complessivo del 27%.
Nella tabella da noi estrapolata vengono elencate le cinque fondazioni con i compensi più elevati che, sostanzialmente, sono anche le più importanti. E finalmente vediamo come si tratta la nostra Fondazione.

Fondazione: mi si è ristretto il bilancio!


Dal comunicato stampa della Fondazione riguardo al bilancio del 2009 si apprendono dei dati che a un lettore frettoloso possono apparire irrilevanti e che sono invece la fotografia di un dramma annunciato. Prendiamone soltanto tre fra quelli più pesanti e che ci servono a capire quanto e da cosa sta oggi guadagnando la Fondazione.
Che dai dividendi delle azioni Monte nel 2009 sarebbe arrivato poco già si sapeva da tempo: la voce “dividendi e proventi assimilati” indica un’entrata di 65,5 milioni contro i 420,2 dell’anno precedente (e contro il quasi nulla che avremo nell’anno in corso). Senza commento!
Ma anche la voce “interessi e proventi assimilati” si dimezza passando dai 45,5 milioni del 2008 ai 27,3 del 2009. Ci viene inoltre fornito il dato di quanto hanno reso le “gestioni patrimoniali”: 5,8 milioni contro i 74,8 dell’anno precedente. Viene solo da domandare a Mancini, agli altri amministratori e a coloro che li hanno nominati: “Ma è tutto qua il rendimento di un patrimonio investito che si afferma ammonti ad oltre 6 miliardi di euro?”.

giovedì 6 maggio 2010

Ceccuzzi e l’anima gemella


Era il 9 novembre del 2007, era stato appena annunciato l’avvenuto accordo per l’acquisto di Antonveneta da parte della banca senese e l’azione Monte veniva sospesa dalla quotazione per “eccesso di ribasso” (crollo del 10,56%, con il 6% del capitale passato di mano ed il titolo che si fermò a 3,734 euro), quando l’on. Ceccuzzi, membro della Commissione Finanze della Camera, pur essendo stato colto di sorpresa come tutti (almeno così è sempre stato affermato da Mussari e Mancini) diramò immediatamente un soddisfatto comunicato dal titolo “Banca MPS con Antonveneta ha trovato la sua anima gemella". In esso si affermava, tra l’altro, che “sono due realtà che hanno grandi potenzialità di sviluppo e che possono integrarsi al meglio con grande vantaggio per gli azionisti e per la clientela”.
Visto che, ad oltre due anni di distanza, gli azionisti hanno avuto ben altro che vantaggi (l’azione che naviga intorno a 1,1 euro e i dividendi azzerati) resterebbe il dubbio che l’uscita di Ceccuzzi fosse stata il frutto di un improvviso entusiasmo poco meditato. Ma non è così!
Dopo pochi giorni infatti, il 14 novembre, Ceccuzzi ribadiva la sua soddisfazione pubblicando sul suo sito i dati di dettaglio dell’operazione e le numerose dichiarazioni di quel mondo bancario che, senza tirar fuori un euro, era stato liberato della scomoda concorrenza di un colosso internazionale come il Banco di Santander, venditore di un’Antonveneta che doveva ancora rilevare dal proprietario ABN Amro Bank versando poco più di 6 miliardi di euro contro i 10 ottenuti dal Monte.
Ceccuzzi, peraltro, non assumeva in tal modo una posizione scomoda, anzi. Le istituzioni elettive senesi, la Fondazione, soci del Monte come Caltagirone, l’allora premier Prodi ed anche l’opposizione, non ebbero nulla da eccepire e le poche perplessità avanzate da alcuni analisti e, a Siena, dalle Liste Civiche, furono guardate con sufficienza. Anche in seguito, quando divennero chiari i pesanti effetti sulla solidità patrimoniale della banca e sui rischi per la Fondazione, l’operazione Antonveneta è rimasta un tabù intoccabile, da decantare in ogni occasione, tanto da essere apprezzata anche, in occasione del rinnovo delle nomine in Fondazione, nel documento votato sia dal centrosinistra che dal Pdl. In tutta questa vicenda di ubriacatura collettiva, ora che la cruda realtà diventa ogni giorno più evidente, vogliamo almeno dare merito a Ceccuzzi della sua coerenza, per non aver ancora oscurato sul suo sito quelle sue improvvide dichiarazioni.