Il 6 aprile è trascorso un anno dal terribile sisma che ha insanguinato e disastrato l’Abruzzo ed in particolare il suo capoluogo, L’Aquila. Ma una ricorrenza non serve solo a ricordare un dolore, ma anche a fare i conti con gli impegni che abbiamo preso nel momento della tragedia, come ha fatto ad esempio lo scorso numero dell’Espresso informando che dei 44 monumenti gravemente danneggiati e per i quali il Governo aveva chiesto l’aiuto dei donatori, solo 12 sono stati effettivamente adottati e per importi insufficienti a coprire tutti i lavori. Tra i monumenti aquilani viene citata anche la chiesa di San Bernardino, che ospita le spoglie del santo senese e per il cui restauro il settimanale indica un fabbisogno di 36 milioni. In merito, viene ricordato lo straordinario tempismo con cui il Presidente Mussari, raccogliendo in diretta in soli 20 minuti la specifica richiesta di Bruno Vespa, affermò a “Porta a porta” che a quel restauro avrebbe provveduto il Montepaschi e che ne aveva già parlato con il Presidente Mancini.
Notammo subito che l’importo della spesa non era ancora noto e che l’annuncio risultò piuttosto impreciso sia sulla natura dell’impegno (“saremo della partita!... faremo il nostro dovere!” erano state le espressioni di Mussari) sia sul soggetto che si impegnava: Banca o Fondazione? E se si trattava di quest’ultima, perché era stato Mussari a chiamare?
Ma, in questi casi, non si guarda troppo per il sottile, e tutti i giornali, compresi ovviamente anche quelli locali, titolarono genericamente che “Il Monte dei Paschi ricostruirà la Basilica di San Bernardino all'Aquila”, parlando di un “ingente impegno finanziario” e apprezzando la sensibilità di Mussari.
Ora L’Espresso si chiede che fine abbia fatto quell’impegno e ce lo chiediamo anche noi, non avendo mai sentito, in quest’anno, nessuna dichiarazione della Fondazione su stanziamenti né tanto meno su stati di avanzamento di lavori o almeno di progetti. Silenzio assoluto! E da parte della Banca? Niente neppure su questo fronte, nonostante si parli di un importo che è più che doppio rispetto ai costi della campagna pubblicitaria ancora in corso a livello nazionale. Ma nessuno si è domandato che figura farà il “Monte” quando si dovesse scoprire che si trattava solo di un “colpo di teatro”, di una cosa buttata lì quasi per scherzo in un momento in cui nessuno era autorizzato a scherzare? Se invece ci dovessimo accorgere che si trattava di un proposito vero e che solo a posteriori si è visto che non si avevano i mezzi per poterlo onorare, dovremmo tristemente affermare. “Nulla di nuovo sotto il sole!”. Anche l’Antonveneta è stata comprata in quattro e quattr’otto da Mussari, come se fosse un affare personale, salvo poi dover ammettere che non si avevano i soldi per farlo. Nel caso de L’Aquila, però, oltre ai senesi, agli azionisti ed ai dipendenti del Monte, si tratterebbe di un caso particolarmente odioso perché a farne le spese sarebbero anche i terremotati abruzzesi.