In Banca ed in Fondazione siamo al punto di svolta
Impossibile far finta di niente! Il Montepaschi sta vivendo un nuovo cambiamento cruciale e la collettività senese, che ne ha già percepito i primi segnali, sta prendendo coscienza della nuova situazione e di come e da chi è stata creata.
Questo il senso dell’iniziativa pubblica di venerdì scorso a Palazzo Patrizi dove le Liste Civiche Senesi sono partite del primo grande cambiamento avuto con la scomparsa del vecchio istituto di diritto pubblico che cresceva lentamente ma continuamente mettendo da parte tutto il possibile. Il Monte Spa, prendendo il suo posto, ha agito all’opposto per un intero decennio, portando alla luce tutte le riserve e trasformandole in utili, dando così soddisfazione immediata ai soci e quindi anche alla fondazione, ma indebolendo il patrimonio della Banca. La Fondazione ha così distribuito quasi 2.000 miliardi delle vecchie lire al nostro territorio, una cifra mostruosa della quale purtroppo si vedono ben pochi segni e che non ci ha messo affatto al riparo dagli effetti della crisi in corso.
Quando, nel novembre 2007, con i sintomi della crisi già nell’aria, il Presidente Mussari ha deciso di acquistare la Banca Antonveneta pagandola l’enormità di 10 miliardi di euro, quella fase di “ubriacatura” è finita. Per quell’acquisto infatti il Monte non aveva serie disponibilità di risorse e, per circa la metà, si è dovuto indebitare, mentre per l’altra metà ha dovuto collocare nuove azioni tra i soci, portando la Fondazione a cedere tutte le sue obbligazioni (circa 3 miliardi di euro) che le davano reddito e che rappresentavano una preziosa scorta anche per eventuali necessità di rafforzare il patrimonio della Banca.
I pesanti effetti che quell’acquisto sconsiderato avrebbero prodotto erano talmente prevedibili che non solo furono sottolineati dalle Liste Civiche in ben due iniziative pubbliche (del febbraio e del novembre 2008) e in interventi nelle assemblee della banca, ma che furono anche registrati dai mercati portando le quotazioni dell’azione Monte ad un crollo ben superiore ai cali generali causati dalla crisi.
Il seguito è attualità: la Banca ha patito una carenza patrimoniale tale da dover ricorrere al costoso prestito governativo di 1,9 miliardi tramite i Tremonti bond, fa fatica ad attuare a prezzi dignitosi la vendita richiesta dall’antitrust di 150 filiali, ha cedeto tutte le strutture che creavano i prodotti per la clientela riducendosi a commercializzare prodotti di terzi, ha ipotizzato una vendita di tutti gli immobili di proprietà per ora bloccata dalla Banca d’Italia. Ma, soprattutto, ha cominciato a non produrre più utili dalla sua attività e, già lo scorso anno, ha chiuso il bilancio 2008 con una perdita prima delle imposte fronteggiata solo grazie a un beneficio fiscale straordinario. Di conseguenza, la Fondazione vede crollare le sue entrate aprendo preoccupanti prospettive per il futuro suo e di tutta la collettività locale.
Gli autori di tutto questo non sono affatto ignoti e, ciascuno per la sua parte (vertici della Banca, della Fondazione, del Comune e della Provincia, oltre alle forze politiche della maggioranza locale e dell’opposizione acquiescente), devono assumersi le proprie responsabilità.
Da Settimanale Zoom n. 37 del 17/3/2010
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