giovedì 2 settembre 2010

MPS I PROBLEMI AUMENTANO


E' settembre e MPS non pensa certo a vendemmiare.... CHI SEMINA GRAMIGNA (MUSSARI) NON PUO' CHE RACCOGLIERE ERBACCE.

Come l'articolo che segue dimostra.... Il Montepaschi (per colpa di Mussari e solo di lui) ogni trimestre è obbligato a vendere i gioielli di famiglia per non MORIRE (ovvero per non lanciare un aumento di capitale).

Il titolo in borsa è sorretto dalla sala trading di proprietà che fa il bello e il cattivo tempo, e da voci che ogni tanto ricordano di un possibile aumento di capitale dedicato a qualche nuovo socio forte (magari Caltagirone o perchè no, Banco Santander che comprerebbe 3000 filiali spendendo la metà di quello che incassò nel 2008 da Mussari per 1000 sportelli....

MUSSARI IL DISTRUTTORE DI RICCHEZZA E' PERO' STATO PREMIATO PER LA SUA OPERA DAL SISTEMA (e questo spiega chi ordinò quell'operazione...voluta da Geronzi, Bazoli e la sinistra italiana in cambio di chissà cosa...)

MA PASSIAMO ALL'ARTICOLO

La scorsa settimana sono arrivati i risultati del Monte per il primo semestre
dell!anno e la strabica informazione dei quotidiani senesi è partita, come al solito, con squillanti titoli di soddisfazione parlando di “Banca in salute”, di “balzo in
Borsa” o di brindisi nella Rocca. Ma i giornali nazionali hanno usato ben altri termini, parlando di “utile netto in calo” e soffermandosi su dati diversi da quelli
destinati a strabiliare noi senesi.
Dove sta la verità?
Il fatto che, dopo molto tempo, sia stato il Direttore Generale Vigni e non il residente ad apparire in prima linea lascia già sorgere qualche sospetto sul fatto
che ci si possa vantare a ragione dei risultati. Ed anche l!aver anticipato
la presentazione al giovedì invece di lasciare come al solito agli analisti il #ne settimana per riflettere prima di far “correre” la borsa non sembra proprio frutto
del caso.
In realtà i dati sono piuttosto semplici da leggere: rispetto allo stesso semestre del 2009, l!anno in cui la Banca si è vista costretta a non distribuire dividendi, l!utile netto è calato da 332,1 milioni di euro a 261,1. Gli esperti si attendevano un risultato ancora peggiore, come nota Repubblica, ma sono giunte in soccorso le solite plusvalenze prodotte da vendite di patrimonio (stavolta sono stati 184,2 milioni derivanti soprattutto dalla cessione di filiali alla Cassa di Risparmio di Firenze) e si è evitato il dramma. Senza le vendite, infatti, l!utile sarebbe
stato inferiore ad 80 milioni, una cifra inspiegabile per una banca da 3.000 sportelli, che consiste in un rendimento semestrale dello 0,49% rispetto ai 16,3 miliardi di patrimonio esposti in bilancio.

Comprando dei Bot, nonostante i tempi, si guadagna di più!
Anche gli altri dati non fanno certo brindare: i margini dell'attività sono invariati o in calo, le spese si sono ridotte solo di poco nonostante le continue
fuoruscite di personale, si è avuto un leggero incremento della raccolta (+1,8%) ed uno ancor più lieve degli impieghi (+0,3%) che sono anche peggiorati nella
qualità. A questo proposito, si vede che a fronte di 470 milioni di aumento dei “prestiti” si ha anche un aumento di 365 milioni dei crediti in sofferenza
e di 531 milioni dei crediti incagliati, senza che si sia notato un
corrispondente incremento dei fondi di riserva.


E allora perché, vien da chiedersi, in una tale situazione si sbandiera che quest!anno si tornerà a distribuire dividendi? Semplicemente perché la Fondazione, dopo l!assenza di dividendi dello scorso anno, non può dissanguarsi continuando
a distribuire le riserve né cessare le erogazioni proprio nell!anno delle elezioni comunali a Siena.
Qualcosa la Banca gli deve assolutamente distribuire, magari iniziando a vendere gli
ultimi beni, gli immobili di proprietà, come è stato annunciato da due anni.

mercoledì 19 maggio 2010

Male la Banca a fine marzo


Ancora assente il promesso rilancio degli utili

I risultati del primo trimestre 2010 presentati dalla Banca non hanno purtroppo segnato quello “scatto di reni” che era stato annunciato in assemblea e che avrebbe dovuto assicurare un pronto ritorno ad utili consistenti e quindi al pagamento dei dividendi ai soci. L’utile di periodo si è infatti fermato a 142,2 milioni contro i 301 milioni ottenuti nello stesso trimestre del 2009 nel quale, si affretta a precisare la Banca, erano compresi 194 milioni di plusvalenze derivanti da vendite. Il messaggio che viene lanciato al mercato è che l’utile sarebbe pertanto migliorato nonostante il suo dimezzamento, ma resta il fatto che, se le tendenze degli altri trimestri confermeranno quelle dello scorso anno, sarà ben difficile riuscire a replicare il pur modesto risultato del 2009.
E’ evidente che, per ottenere quel ritorno ai dividendi che il Presidente della Fondazione ha definito irrinunciabile, bisogna sperare soprattutto sull’effettivo verificarsi delle vendite annunciate da tempo, cioè il pacchetto di filiali il cui passaggio a Intesa è stato sospeso fino a settembre, gli eventuali ulteriori filiali da cedere ad altri compratori ancora da individuare, oppure la vendita dell’intero patrimonio immobiliare anch’essa già annunciata e poi sospesa dall’autorità di vigilanza.
Tornando al bilancio trimestrale, anche in questa occasione vengono enfatizzati successi su aspetti che finora non sono stati sufficienti a produrre risultati positivi: contenimento dei costi, soprattutto sul fronte del personale, e leggeri aumenti del lavoro e dei ricavi, secondo una costante riassumibile nell’espressione “lavoriamo un po’ di più per guadagnare di meno”. In parte, purtroppo, anche questi “successi” vengono ottenuti ricorrendo a degli “imbellettamenti” che possono sfuggire ad osservatori disattenti. Per esempio, dice il comunicato che “il totale dei ricavi cresce del 4,2% rispetto al 4°Q09 ma si pone in calo del 4% a/a”. Che significa? Semplicemente che i ricavi del primo trimestre 2010 sono aumentati rispetto all’ultimo trimestre del 2009 (il “4° Q09” appunto, cioè il periodo più negativo dello scorso anno) ma sono diminuiti rispetto allo primo trimestre del 2009 (“a/a” nel comunicato) cioè rispetto al periodo sul quale andrebbero correttamente fatti i raffronti e che ci fornisce ulteriori dati negativi. Vediamo infatti che è calato sia il margine finanziario e assicurativo, sia quello di intermediazione primario e, se le commissioni aumentano di 12 milioni, il margine d’interesse cala di 42 milioni.
Siamo noi a vedere il bicchiere mezzo vuoto? Non crediamo, visto che i mercati hanno accolto il bilancio trimestrale con una ennesima scivolata della quotazione dell’azione Monte.

Quei preziosi clienti da coccolare!



“Volumi commerciali e quote di mercato in crescita, acquisiti più di 20.000 nuovi clienti”. Questa è una delle espressioni più in mostra del comunicato stampa con il quale il Montepaschi ha reso noti i risultati del primo trimestre di quest’anno.
Ma, ci siamo domandati, 20.000 nuovi clienti sono tanti o pochi? Il calcolo, pur all’ingrosso, è molto semplice anche per un bambino ai primi rudimenti matematici: 20.000 nuovi clienti divisi per le 3.000 filiali del gruppo Monte fanno 6,6 nuovi clienti a filiale che, di primo acchito, possono sembrare tanti per lo sportello, ad esempio, di Pianella e un po’ pochini per lo sportello centrale di Firenze o di Roma. Poi ci ricordiamo che stiamo parlando di un trimestre, cioè di circa 13 settimane che, per 5 giorni lavorativi, fanno un totale di 65 giornate lavorate. Il conteggio è terminato: 65 giorni per fare 6,5 nuovi clienti ci dicono che una media filiale del terzo gruppo bancario italiano (il Monte appunto) riesce a conquistare un nuovo cliente ogni 10 giorni. Immaginiamo con quante “feste” è stato accolto ciascuno di questi nuovi clienti. E vogliamo sperare che l’assenza di notizie sui clienti persi nello stesso periodo dipenda dall’inconsistenza di questo dato.

Il Monte ama le Società di Gestione

In una fase di mercato in forte movimento a soffrire di più sono quelle Sgr (società di gestione dei risparmi) che non riescono a difendere i “fondi” gestiti moderando le perdite e cogliendo le opportunità; tra queste è particolarmente negativo il caso della Total Return Sgr, partecipata per l’11,25% da Mps Investiments. L’inserto Plus del Sole 24 Ore nota che la Banca senese è presente anche in altre quattro Sgr, con una quota importante 8il 33%) in Prima Sgr, il 45% in Fabbrica Immobiliare, il 100% in Mps Venture e il 29% in Sviluppo Imprese Centro Italia. “Tante società di gestione con altrettanti centri di costo” osserva il quotidiano finanziario.

I compensi in Fondazione

Finalmente qualche dato ufficiale

Si era molto parlato degli “incrementi Istat” che gli organi amministrativi della Fondazione si erano assegnati e, da parte di Zoom, avevamo notato che in quel dibattito intorno agli aumenti mancava all’appello un importante dato di partenza, cioè la consistenza di partenza di quei trattamenti che avevano in effetti avuto soltanto un precedente ritocco da quando erano stati fissati all’inizio della Presidenza Mussari. Ora ha provveduto Il Sole 24 Ore a colmare quel vuoto informativo spulciando i bilanci delle 25 fondazioni bancarie (su 88) che li hanno già messi a disposizione. Il quotidiano finanziario ha anche segnalato numerosi casi di riduzione dei compensi in presenza della situazione di crisi: -18% per il segretario generale del Sanpaolo e, soprattutto, il caso della Cariplo (ex Province Lombarde) dove i consiglieri di amministrazione hanno rinunciato a metà del compenso fisso e, su base volontaria, a metà dei gettoni di presenza ottenendo un risparmio complessivo del 27%.
Nella tabella da noi estrapolata vengono elencate le cinque fondazioni con i compensi più elevati che, sostanzialmente, sono anche le più importanti. E finalmente vediamo come si tratta la nostra Fondazione.

Fondazione: mi si è ristretto il bilancio!


Dal comunicato stampa della Fondazione riguardo al bilancio del 2009 si apprendono dei dati che a un lettore frettoloso possono apparire irrilevanti e che sono invece la fotografia di un dramma annunciato. Prendiamone soltanto tre fra quelli più pesanti e che ci servono a capire quanto e da cosa sta oggi guadagnando la Fondazione.
Che dai dividendi delle azioni Monte nel 2009 sarebbe arrivato poco già si sapeva da tempo: la voce “dividendi e proventi assimilati” indica un’entrata di 65,5 milioni contro i 420,2 dell’anno precedente (e contro il quasi nulla che avremo nell’anno in corso). Senza commento!
Ma anche la voce “interessi e proventi assimilati” si dimezza passando dai 45,5 milioni del 2008 ai 27,3 del 2009. Ci viene inoltre fornito il dato di quanto hanno reso le “gestioni patrimoniali”: 5,8 milioni contro i 74,8 dell’anno precedente. Viene solo da domandare a Mancini, agli altri amministratori e a coloro che li hanno nominati: “Ma è tutto qua il rendimento di un patrimonio investito che si afferma ammonti ad oltre 6 miliardi di euro?”.

giovedì 6 maggio 2010

Ceccuzzi e l’anima gemella


Era il 9 novembre del 2007, era stato appena annunciato l’avvenuto accordo per l’acquisto di Antonveneta da parte della banca senese e l’azione Monte veniva sospesa dalla quotazione per “eccesso di ribasso” (crollo del 10,56%, con il 6% del capitale passato di mano ed il titolo che si fermò a 3,734 euro), quando l’on. Ceccuzzi, membro della Commissione Finanze della Camera, pur essendo stato colto di sorpresa come tutti (almeno così è sempre stato affermato da Mussari e Mancini) diramò immediatamente un soddisfatto comunicato dal titolo “Banca MPS con Antonveneta ha trovato la sua anima gemella". In esso si affermava, tra l’altro, che “sono due realtà che hanno grandi potenzialità di sviluppo e che possono integrarsi al meglio con grande vantaggio per gli azionisti e per la clientela”.
Visto che, ad oltre due anni di distanza, gli azionisti hanno avuto ben altro che vantaggi (l’azione che naviga intorno a 1,1 euro e i dividendi azzerati) resterebbe il dubbio che l’uscita di Ceccuzzi fosse stata il frutto di un improvviso entusiasmo poco meditato. Ma non è così!
Dopo pochi giorni infatti, il 14 novembre, Ceccuzzi ribadiva la sua soddisfazione pubblicando sul suo sito i dati di dettaglio dell’operazione e le numerose dichiarazioni di quel mondo bancario che, senza tirar fuori un euro, era stato liberato della scomoda concorrenza di un colosso internazionale come il Banco di Santander, venditore di un’Antonveneta che doveva ancora rilevare dal proprietario ABN Amro Bank versando poco più di 6 miliardi di euro contro i 10 ottenuti dal Monte.
Ceccuzzi, peraltro, non assumeva in tal modo una posizione scomoda, anzi. Le istituzioni elettive senesi, la Fondazione, soci del Monte come Caltagirone, l’allora premier Prodi ed anche l’opposizione, non ebbero nulla da eccepire e le poche perplessità avanzate da alcuni analisti e, a Siena, dalle Liste Civiche, furono guardate con sufficienza. Anche in seguito, quando divennero chiari i pesanti effetti sulla solidità patrimoniale della banca e sui rischi per la Fondazione, l’operazione Antonveneta è rimasta un tabù intoccabile, da decantare in ogni occasione, tanto da essere apprezzata anche, in occasione del rinnovo delle nomine in Fondazione, nel documento votato sia dal centrosinistra che dal Pdl. In tutta questa vicenda di ubriacatura collettiva, ora che la cruda realtà diventa ogni giorno più evidente, vogliamo almeno dare merito a Ceccuzzi della sua coerenza, per non aver ancora oscurato sul suo sito quelle sue improvvide dichiarazioni.

Mussari e la vendetta delle parole

Il bilancio approvato nell’assemblea del Monte del 27/4 ha dato l’impressione ai presenti che non fosse del tutto condiviso dagli stessi autori, che hanno fatto tutto il possibile per farlo scivolare via senza tanti clamori. Nessuno degli abituali collegamenti televisivi con gli uffici interni, poche notizie sui giornali locali e nazionali. Eppure motivi di interesse ce ne erano e molti a partire dal fatto che per la prima volta nella storia del Monte Spa non sono stati distribuiti i dividendi. Durante l’assemblea sono state facilmente notate le numerose gomitate, non metaforiche, che il Presidente Mussari ha dato al Direttore Vigni oltre ai modi poco urbani con cui l’ha apostrofato rientrando da una breve assenza motivata da un improvviso “bisogno corporale”.
Mentre scorrevano gli interventi, consideravo la gran quantità di parole che vengono usate in queste circostanze, in gran parte destinate a cadere nell’oblio e a come sarebbe invece divertente ripescare quelle delle occasioni precedenti e metterle al centro della discussione attuale.
Ma si ricorda, il Presidente Mussari, di quando aveva detto, nell’aprile 2007, che Antonveneta era troppo cara e non poteva essere comprata? O quando affermò che con gli utili prodotti dalla banca veneta avrebbe pagato l’indebitamento al seguito di un acquisto fatto senza mezzi economici? O quando ha affermato che non esisteva nessun coinvolgimento della banca senese in Eutelia, salvo poi scoprire dalle comunicazioni Consob che il Monte ne deteneva in pegno una quota delle azioni? Ma la vera perla era stata l’eccitata affermazione che, se avesse fallito gli obbiettivi da lui stessi dichiarati, si sarebbe dimesso da Presidente. A questo riguardo, dovrebbe ricordare che già l’anno precedente, il 2008, il bilancio è stato chiuso con una perdita prima delle imposte, che ora non ha distribuito dividendi, che dopo l’acquisto di Antonveneta si sono assunti oltre 5 miliardi di nuovi debiti a tassi elevati e che altri 1,9 miliardi sono stati attinti dai Tremonti bond (unica tra le grandi banche ad utilizzarli) ad un tasso dell’8,5%. Con la crisi di Grecia, Portogallo e forse della Spagna, i risultati che si promette verranno prodotti dalla banca rischiano di restare dei sogni privi di fondamento, come pure la previsione dichiarata di restituire i Tremonti bond entro il 2013. Senza aggiungere altro, che pure non mancherebbe, il Presidente avrebbe sufficienti motivi per sentirsi in dovere di essere coerente con le sue stesse parole, dimettendosi. Potrà così proclamarsi un uomo che mantiene le promesse e le parole avranno riacquistato il senso che meritano.
Azazel

La mozzarella scomparsa


Nell’assemblea dei soci dell’anno scorso lasciò piuttosto interdetti l’intervento di un piccolo azionista, residente nella nostra provincia, che aveva detto, in sostanza: “Vede Presidente, io con i dividendi delle azioni Monte ci campo, ma sono un anziano con poche esigenze e la sera mi basta una mozzarella per cenare. Ora ho visto che il dividendo si è dimezzato e che dovrò quindi cenare con mezza mozzarella, ma non me ne lamento, perché ho qui sentito che anche Lei si dimezzerà i compensi!”. Sembrò, anche a noi, un intervento estemporaneo e forse eccessivamente ossequioso verso il vertice montepaschino, ma dobbiamo ora riconoscere che ci eravamo sbagliati. Nell’ultima assemblea quel socio è infatti intervenuto di nuovo e il tono è sembrato molto meno conciliante. “Anche se sono un piccolo azionista, io posseggo 260.000 azioni Monte e, un tempo, con gli interessi ci vivevo bene tutto l’anno. L’anno scorso, incassando la metà del solito, Le dissi, Presidente, che per me non era un problema cenare con solo mezza mozzarella. Ma quest’anno, mentre Lei continua a prendere i soliti compensi, la mozzarella in tavola non ce la posso più mettere perché i dividendi si sono azzerati. Come pensa di risolvere il mio problema?”. Inutile dire che, su questo ragionamento, la replica del Presidente Mussari non ha potuto che sorvolare.

mercoledì 5 maggio 2010

Antonio Vigni si è confuso


Tra i vari interventi nell’assemblea di bilancio, ve ne sono stati alcuni che si sono soffermati sul problema degli enormi interessi che la Banca si trova a dover pagare per i numerosi debiti che ha contratto e che vanno ben oltre il miliardo e 900 milioni di euro attinti dai Tremonti bond ad un tasso dell’8,5%. Nel periodo successivo all’acquisto di Antonveneta, che il Monte ha affrontato senza avere le necessarie disponibilità, è stato notato che le emissioni da parte del Monte di “strumenti ibridi e passività subordinate” sono cresciute di 5,36 miliardi comportando un carico di nuovi interessi che, ad un tasso medio “probabilmente di circa il 6%”, dovrebbe superare i 300 milioni annui. Il Direttore Generale Vigni, nella sua replica, ha contestato tali dati dichiarando che il tasso medio di questi debiti è, precisamente, del 4,61%. Ora, è vero che anche con questo tasso più contenuto gli interessi annui sfiorano i 250 milioni di euro, ma i dati che vengono forniti in una assemblea, specialmente se provengono dal direttore generale, non possono mai essere approssimati. Abbiamo quindi effettuato un controllo risommando tutti i debiti di cui sopra contratti dopo l’Antonveneta e applicato i tassi indicati in bilancio. Risultato: possiamo affermare con certezza che tali debiti assommano a 5,360 miliardi, che il tasso medio è del 5,75% e che gli interessi annui sono di conseguenza 307,95 milioni di euro. Sicuramente il Dr. Vigni deve aver equivocato sulla natura dei debiti di cui si stava parlando.

I perché dei malesseri del Monte

I perché dei malesseri del Monte
L’assemblea dei soci del Monte del 27 aprile ha messo ancor più in luce la situazione che la Banca sta vivendo ed i motivi, specifici e che vanno ben oltre la crisi generale dell’economia, che l’hanno prodotta.
E’ noto che la banca è matrimonialmente debole, tanto che ha dovuto ricorrere a 1,9 miliardi di Tremonti bond, che “lavora di più ma guadagna di meno”, che riesce a ridurre le spese solo sul fronte del costo del personale (con massicci esodi), che ha scarse prospettive di superare rapidamente i suoi problemi se non tornando a rivolgersi al mercato emettendo obbligazioni convertibili o azioni che provocherebbero la perdita del controllo da parte della Fondazione. Gli analisti lo sanno bene, tanto che il valore di borsa del titolo Monte ne risente pesantemente e va peggio di quello delle altre grandi banche. Ma anche gli utili soffrono e, se lo scorso anno i dividendi sono stati sensibilmente ridotti, quest’anno sono del tutto scomparsi, con gravi effetti sulla nostra comunità
Il problema principale, come hanno illustrato alcuni interventi in assemblea, deriva dalle scelte che, da quando la banca è diventata Spa, sono state compiute dal vertice della banca, con l’assenso interessato dei soci, della Fondazione, delle istituzioni locali e delle forze politiche che le governano o che ne hanno assecondato le scelte.
La situazione attuale è il frutto anzitutto dei troppi anni in cui i soci si sono famelicamente distribuiti enormi dividendi provenienti da utili che sono stati prodotti attingendo alle riserve, lesinando sugli accantonamenti, profittando delle plusvalenze delle dismissioni o addirittura, lo scorso anno, distribuendo i benefici fiscali. Un comportamento avido che, per certi versi, ci accomuna alle altre imprese bancarie, ma che ora viene censurato dalle autorità di vigilanza per la pericolosità di un indebolimento patrimoniale in presenza della situazione di crisi. Nel caso del Monte, l’indebolimento lo ha anche costretto ad affrontare l’acquisto Antonveneta senza avere risorse proprie, ricorrendo ad un aumento di capitale di ben 5 miliardi e a debiti i cui interessi cominciano a pesare sui risultati economici.
Tra chi detiene il potere di decidere, non emerge alcuna autocritica né una consapevolezza della vera portata dei problemi e le voci preoccupate, politicamente ancora limitate alle Liste Civiche ed alla Lega Nord, sono ancora occultate per quanto possibile. Anche l’intervento in assemblea del Presidente Mancini, che per la prima volta non ha evitato i crudi dati e ha fatto capire che risultati come quelli del 2009 saranno inaccettabili nel futuro, invitando a migliorare la redditività ed il rapporto con la clientela, è stato accolto con malcelato fastidio. I sindacati del Monte l’hanno addirittura trattato come un socio esoso, attento solo al guadagno immediato e che si occupa di ciò che non gli compete. Della serie: guai a disturbare il manovratore.

mercoledì 21 aprile 2010

Mussari e gli amici del bar



Le recenti nomine nei consigli di amministrazione delle controllate del gruppo MPS hanno destato sconcerto in tutti coloro, in città ed in provincia, che conoscono i curricula politici e professionali dei nominati.
Premesso che su alcuni profili professionali (ma solo su alcuni!) non c’è nulla da eccepire, quello che sconcerta è il criterio di selezione.
E’ il caso della nomina di alcuni personaggi, molto conosciuti in città e con profili professionali del tutto ignoti, che va a premiare, ancor prima che si presenti agli elettori, la cosiddetta Lista della Birreria, il cui compito, si dice, sarà quello di portare nel prossimo consiglio comunale uomini che rispondano direttamente al Presidente della Banca. Un acconto per un lavoro politico ancora da svolgere, che chiama alla mente la disinvoltura della famosa gita a Bruxelles con Qualivita.
Per quanto Siena stia già da tempo subendo i sistemi privatistici e di casta con cui vengono gestite le risorse e le istituzioni pubbliche, è evidente che quel che sta succedendo risponde ad una logica autocratica che non ha riscontri nella storia della nostra città.
Se è sempre inaccettabile che il bene pubblico venga gestito con logiche di partito, lo diviene ancor di più quando queste logiche diventano prima spartitorie e poi personali.
Sappiamo bene che queste nomine rientrano nella discrezionalità della Banca, o meglio del suo Presidente, ma sappiamo anche che la Fondazione MPS, per lo meno sino a quando mantiene la maggioranza delle azioni e sino a quando sarà in grado di nominare Presidente e maggioranza del CDA della Banca, pur nel rispetto dei diversi ambiti, ha anche la facoltà e il dovere di dare linee di indirizzo sulla gestione della stessa Banca, tra cui rientrano certamente i criteri di professionalità per la selezione degli amministratori. Indirizzi che non possono discostarsi da quelli espressi dalle istituzioni elettive cittadine che nominano gran parte della Fondazione stessa.
In questi anni abbiamo assistito all’esatto contrario ed è stata piuttosto la Banca ad indirizzare la Fondazione e ad imporre quelle opinabili scelte strategiche che quest’anno e probabilmente nei prossimi anni priveranno la Fondazione, e di conseguenza il territorio senese, dei dividendi dalla Banca. E’ allora arrivato il momento che la Fondazione riassuma con forza il proprio ruolo di indirizzo, a cominciare dal ribadire che le nomine debbano rispondere soprattutto a criteri di professionalità e non a logiche politiche di natura autoreferenziale.

Dietro le quinte delle nomine al Monte

Due nominati nei Cda del Gruppo Monte: Mauro Rosati e Antonio Degortes
Le osservazioni di prima pagina circa le nomine nel Gruppo Monte trova autorevole sostegno, se ce ne fosse bisogno, nel recente sfogo del Presidente di Generali, Antoine Bernheim, che rispetto all’ipotesi di una sua sostituzione con Cesare Geronzi ha osservato gelidamente: “Sono allibito. Non è un assicuratore…”. E stava parlando di un affermato banchiere come Geronzi!
“Non è un banchiere…” è invece un’espressione che a Siena non ha nessuna fortuna e difficilmente fa clamore il fatto che, ad amministrare un colosso finanziario come la Fondazione o addirittura importanti settori del terzo gruppo bancario italiano, si chiamino oscuri personaggi talvolta (e nemmeno sempre) reduci da ruoli politici e istituzionali, più spesso provenienti da esperienze lavorative del tutto estranee ai ruoli da ricoprire. Nelle ultime nomine, ad esempio, oltre ai casi citati “da birreria”, vediamo anche la collocazione tra gli amministratori della società immobiliare del Monte di una persona esperta di jazz e, nella Montepaschi Belgio, di un socio di Degortes nelle attività di discoteca.
E’ inoltre da notare che, pur di acquisire queste “preziose” professionalità, è stato necessario creare anche dei posti aggiuntivi, aumentando di due amministratori sia il Cda di Agrisviluppo che quello di Montepaschi Belgio. E tutto questo proprio nell’anno in cui si annunciano altri 1.200 esuberi nel personale del Gruppo e non si distribuisce nessun dividendo ai soci.
Agostino Milani Consigliere Comunale

Una banca fulminea

Sui quotidiani locali non abbiamo trovato nessun riscontro, ma voci insistenti ed attendibili ci riferiscono che a fine marzo (ma anche la data non è precisa) il “centro elettronico” del Monte dei Paschi in Via Ricasoli sarebbe stato danneggiato da un fulmine. Niente di visibile ad occhio nudo, come chiunque può verificare, ma tutti sanno che le apparecchiature elettroniche sono molto sensibili agli eventi atmosferici di questo tipo, tanto che possono venire alterate le memorie. Un’occhiata più attenta del solito alle prossime segnalazioni di saldi, tassi e commissioni potrebbe essere opportuna.

I guadagni in cima al Monte

Il Sole 24Ore del 1°Aprile (ma non crediamo sia un “pesce”) ha informato che il direttore generale del Monte, Antonio Vigni, ha festeggiato il bilancio 2009 con un bonus di 800mila euro, superiore del 76% a quello del 2008, nonostante che gli utili netti del Gruppo bancario siano scesi del 76% (da 922 a 220 milioni). La busta paga 2009 di Vigni è stata di 1,952 milioni lordi, superiore del 39% a quella del 2008.
Un premio complessivo di rendimento di 2,257 milioni lordi è andato alla categoria dei dirigenti con responsabilità strategiche, i più alti dirigenti della banca, di cui il bilancio non fornisce il numero, i quali hanno inoltre ricevuto compensi per 4,057 milioni, per un totale quindi di 6,31 milioni lordi (6,25 milioni nel 2008).
Riguardo agli amministratori, il quotidiano finanziario fornisce i seguenti importi per il Presidente Mussari (714.500 euro), i vice presidenti Rabizzi (396.285) e Caltagirone (172.000), il presidente dei Sindaci Di Tanno (210.500).
L’articolo ricorda anche che gli utili distribuiti alla Fondazione ammontano a circa 186.000 euro.

La Fondazione soffre per una mancata perdita


Abbiamo riletto più volte, con incredulità, la notizia d’agenzia sull’intervista di inizio mese a Milano Finanza nella quale il Direttore Generale della Fondazione, Parlangeli, ha espresso il proprio rimpianto per il mancato acquisto della Società proprietaria delle Borse Valori di Londra e Milano.
All’epoca fece infatti molto clamore il fatto che le Fondazioni Monte, Torino e Cariplo si stessero impegnando in un imponente investimento nella prestigiosa London Stock Exchange, da poco fusa con la Borsa Italiana, ma nessuno ebbe il tempo di dolersi del fatto che l’ipotesi servì solo ad alimentare brevemente la cronaca finanziaria prima di tramontare definitivamente. E se nessuno se ne dolse fu soprattutto perché, ben presto, il valore della società borsistica iniziò a crollare e, fatti due conti, risultò che la Fondazione Monte, perdendo “l’affare”, aveva evitato di perdere una somma enorme: ad oggi circa 172 milioni di euro dei 200 che avrebbe voluto investire.
Nessuno volle allora sottilizzare sul fatto che dello scampato pericolo non aveva alcun merito il vertice della Fondazione, che sarebbe invece andato in fondo orgogliosamente, ma sembra piuttosto fuori luogo che, invece di approfittare del fortunoso esito, si continui a rimpiangere di aver “perso una infrastruttura importante. […] Grandi guadagni non si sarebbero fatti ma almeno si sarebbe fatto l'interesse del Paese”. E delle “grandi perdite” che la Fondazione senese avrebbe subito cosa ne pensa?

sabato 17 aprile 2010

I MUTUI CAP DEL MONTEPASCHI!

Un lettore invia questo interessante commento:

Ma le OOSS sanno che la Banca sta vendendo dei mutui con cap che sono in perdia per MPS? Forse questa gli è sfuggita.
E' un prodotto che ha fatto la fortuna di un certo V.....i, che lo ha promosso con una ingenuità che ha dell'incredibile, e che è stato eletto miglior mutuo 2009.
Ovviamente la Banca ci sta perdendo milioni ma nessuno dice nulla perché nelle filiali c'è la fila per sottoscriverlo e le filiali pensano in primis solo al budget di filiale e non tanto al conto economico della Banca. Ma è possibile che nessuno si sia accorto di questo errore?

Qualcuno potrebbe essere piu' chiaro sulle perdite di questo prodotto per MPS

lunedì 12 aprile 2010

BMPS E LA Federazione Autonoma Lavoratori del Credito e del Risparmio Italiani

QUALE FUTURO PER BMPS?

Come noto il bilancio 2009 si è chiuso per la Banca con un utile di molto inferiore a quello previsto dal vigente Piano Industriale, come era facilmente immaginabile vista la virulenza della crisi economico-finanziaria che ha colpito il mondo intero alcuni mesi dopo la presentazione del piano stesso.

In questo contesto altri problemi si profilano all’orizzonte della nostra Banca:
A) Far fronte al pagamento degli interessi sul prestito subordinato emessi per acquisire Antonveneta;
B) Far fronte al pagamento degli interessi sul così detto Tremonti bond e il rimborso dello stesso o la sua conversione in capitale azionario;
C) L’adeguamento del capitale della Banca alle norme di Basilea 3
D) Il fatto, quasi certo, che anche l’utile del 2010, visto il perdurare e la violenza della crisi in corso non potrà nemmeno sfiorare la rosea previsione formulata dal Piano Industriale in essere

Tutto quanto brevemente sopra accennato porta inevitabilmente a farci la fatidica domanda: quale futuro aspetta BMPS?
E’ del tutto evidente che i problemi finanziari che stanno davanti a BMPS sono enormi e di non facile soluzione a meno che qualcuno non voglia imboccare drammatiche scorciatoie la più pericolosa delle quali sarebbe la discesa della Fondazione al di sotto del 50%+1 delle azioni di BMPS, magari con un aumento di capitale.
Sarebbe, questo, il modo più semplice e veloce per trovare la liquidità necessaria per far fronte alle problematiche sopra elencate, ma renderebbe possibile per la prima volta dal 1472 una OPA ostile su BMPS con conseguenze, per i lavoratori, ad oggi non valutabili ma sicuramente catastrofiche.

Questa O.S., e lo diciamo oggi, aprile 2010 è nettamente contraria a questa ipotesi. Se è necessario trovare liquidità bisogna percorrere strade alternative che sicuramente i vertici aziendali conoscono benissimo.

Come OS non faremmo un dramma se ciò costasse la rinuncia al ruolo di terzo polo bancario nazionale.


Federazione Autonoma Lavoratori del Credito e del Risparmio Italiani




Siena,…………………. LA SEGRETERIA

mercoledì 31 marzo 2010

L’Aquila ci sta ancora aspettando


Nessuna notizia sulla promessa di ricostruire San Bernardino


Il 6 aprile è trascorso un anno dal terribile sisma che ha insanguinato e disastrato l’Abruzzo ed in particolare il suo capoluogo, L’Aquila. Ma una ricorrenza non serve solo a ricordare un dolore, ma anche a fare i conti con gli impegni che abbiamo preso nel momento della tragedia, come ha fatto ad esempio lo scorso numero dell’Espresso informando che dei 44 monumenti gravemente danneggiati e per i quali il Governo aveva chiesto l’aiuto dei donatori, solo 12 sono stati effettivamente adottati e per importi insufficienti a coprire tutti i lavori. Tra i monumenti aquilani viene citata anche la chiesa di San Bernardino, che ospita le spoglie del santo senese e per il cui restauro il settimanale indica un fabbisogno di 36 milioni. In merito, viene ricordato lo straordinario tempismo con cui il Presidente Mussari, raccogliendo in diretta in soli 20 minuti la specifica richiesta di Bruno Vespa, affermò a “Porta a porta” che a quel restauro avrebbe provveduto il Montepaschi e che ne aveva già parlato con il Presidente Mancini.
Notammo subito che l’importo della spesa non era ancora noto e che l’annuncio risultò piuttosto impreciso sia sulla natura dell’impegno (“saremo della partita!... faremo il nostro dovere!” erano state le espressioni di Mussari) sia sul soggetto che si impegnava: Banca o Fondazione? E se si trattava di quest’ultima, perché era stato Mussari a chiamare?
Ma, in questi casi, non si guarda troppo per il sottile, e tutti i giornali, compresi ovviamente anche quelli locali, titolarono genericamente che “Il Monte dei Paschi ricostruirà la Basilica di San Bernardino all'Aquila”, parlando di un “ingente impegno finanziario” e apprezzando la sensibilità di Mussari.
Ora L’Espresso si chiede che fine abbia fatto quell’impegno e ce lo chiediamo anche noi, non avendo mai sentito, in quest’anno, nessuna dichiarazione della Fondazione su stanziamenti né tanto meno su stati di avanzamento di lavori o almeno di progetti. Silenzio assoluto! E da parte della Banca? Niente neppure su questo fronte, nonostante si parli di un importo che è più che doppio rispetto ai costi della campagna pubblicitaria ancora in corso a livello nazionale. Ma nessuno si è domandato che figura farà il “Monte” quando si dovesse scoprire che si trattava solo di un “colpo di teatro”, di una cosa buttata lì quasi per scherzo in un momento in cui nessuno era autorizzato a scherzare? Se invece ci dovessimo accorgere che si trattava di un proposito vero e che solo a posteriori si è visto che non si avevano i mezzi per poterlo onorare, dovremmo tristemente affermare. “Nulla di nuovo sotto il sole!”. Anche l’Antonveneta è stata comprata in quattro e quattr’otto da Mussari, come se fosse un affare personale, salvo poi dover ammettere che non si avevano i soldi per farlo. Nel caso de L’Aquila, però, oltre ai senesi, agli azionisti ed ai dipendenti del Monte, si tratterebbe di un caso particolarmente odioso perché a farne le spese sarebbero anche i terremotati abruzzesi.

Gli impegni falliti di Giuseppe Mussari



Era il marzo di due anni fa e Mussari presentava a Piazza Affari un nuovo piano industriale che ridisegnava il futuro del Montepaschi dopo lo “straordinario” acquisto della Banca Antonveneta. Il Presidente volle dare l’immagine di essere pienamente consapevole dei rischi che aveva appena assunto e di avere tutti gli elementi per guardare con fiducia ad un futuro radioso, tanto che i giornali dettero molto risalto al significato di sfida del suo intervento, come si vede dal “ritaglio” qui recuperato.


Le previsioni che furono illustrate ai mercati erano infatti esaltanti, con grande enfasi per la nuova presenza in Veneto e per imminenti cessioni che, in gran parte, non sono ancora a tutt’oggi avvenute. Nello specchietto qui pubblicato, forniamo le previsioni più appariscenti fornite in quella occasione e, di fianco ad esse, perché ciascuno possa rendersi conto di come è veramente andata, riportiamo i risultati effettivamente registrati nei primi due anni del Piano stesso (dati in miliardi di euro).


(Il “cost income” indica sostanzialmente l’incidenza dei costi sui ricavi; la situazione è tanto migliore quanto l’indice è più basso. Il “roe” indica invece quanto rende il capitale investito; più è alto e più l’azienda dimostra di saper produrre ricchezza).

Ora il vertice della Banca (Mussari e Vigni) tendono a “dare la colpa” di questi clamorosi errori di previsione alla situazione di crisi, che peraltro già esisteva nel 2008. Ma, se è questa la capacità aziendale nel prevedere il futuro, quale credito dobbiamo dare alle affermazioni fatte sul 2010? Per esso si parla infatti di “ritorno all’utile”, di “un salto di qualità in termini di ricavi, profitti e riduzioni dei costi”, di “banca fiduciosa di raggiungere i propri obiettivi”. Ma i mercati diffidano, tanto che la presentazione ha fatto perdere un bel po’ di quotazione al valore dell’azione Monte (in una giornata con una media sostanzialmente stabile) con un calo che solo in chiusura di giornata è stato contenuto al -2,73%.
Forse, invece di continuare a cullarsi con speranze che finora si sono dimostrate illusorie, sarebbe il caso di correre ai ripari, finché si è in tempo, cambiando strategie e chiedendo a chi ha sbagliato di farsi veramente da parte.

LE BUGIE DI MANCINI....CHE TRISTEZZA....


“La mancata possibilità di usufruire di dividendi non ci coglie impreparati” ha dichiarato Mancini alla notizia che quest’anno i dividendi distribuiti dalla Banca alla Fondazione sono di fatto spariti: circa 186.000 euro sono infatti un’inezia rispetto alla storia degli ultimi 20 anni, una cifra che forse non ripaga nemmeno
quel 7% di aumento dei compensi che “generosamente” i deputati della Fondazione si erano recentemente liquidati.

E’ evidente che si vuole far “buon viso a cattivo gioco”, visto che il 30 gennaio scorso Mancini aveva invece dichiarato di aspettarsi un dividendo, magari doppio rispetto ai 65 milioni che aveva incassato l’anno scorso (erano stati 360 milioni erano stati l’anno precedente).

Si capì subito che questa richiesta avrebbe aperto un conflitto con Mussari, soprattutto per le difficoltà che il Monte avrebbe avuto a distribuire utili, invece di usarli per rafforzare il patrimonio, dopo aver attinto ai Tremontibond
(unica grande banca ad averlo fatto) per ben 1,9 miliardi di euro. Ma qui non si tratta più di rafforzamento, perché l’utile, nonostante i soliti profitti (plusvalenze) dalle vendite, si è fermato a solo 200 milioni di euro: un’inezia
rispetto ai miliardi che servirebbero alla Banca. Il “no” ai dividendi non deriva quindi da una rinuncia virtuosa, ma dal fatto che la Banca non ha raggiunto i propri obbiettivi e che ha lavorato di più guadagnando molto meno del previsto.

Meraviglia che, nei due mesi intanto trascorsi, Mancini non abbia chiesto dati più aggiornati per aggiustare gradualmente il tiro, invece di ritrovarsi a fare questa penosa marcia indietro davanti ai mercati ed alla città. Ora deve mascherare
lo smacco ed ha scelto due filoni che dovrebbero servire a far digerire il boccone amaro, ma che non tranquillizzano affatto. Il primo, lo abbiamo notato in qualche dichiarazione, consiste nel non allarmare i senesi per l’immediato e accennare che si possono mantenere delle erogazioni, anche se più limitate del passato, andando
ad attingere agli accantonamenti degli anni precedenti (quanto può durerai?).
Il secondo si affida a manifestare fiducia per le affermazioni della Banca circa una inversione di tendenza che sarebbe in corso, ma che si basa comunque sul fatto che il quarto trimestre del 2009 ha fatto segnare, da solo, una perdita di 181 milioni di
euro.

Una fiducia che dovrebbe basarsi anche sulle nuove rosee previsioni dichiarate da Mussari, che ancora una volta si affidano soprattutto al realizzarsi di vendite patrimoniali: qualche filiale, le ultime “fabbriche di prodotti” e, soprattutto,
il patrimonio immobiliare, del quale sei mesi fa veniva dichiarato un valore di 1,7
miliardi (con una plusvalenza di oltre 400 milioni di euro) mentre ora sulla stampa si parla di 3 miliardi.

Oltre a ricordare che i miliardi, come diceva un noto comico, “non sono bruscolini”,
non pochi giornali nazionali hanno notato che il nostro territorio dovrà in ogni caso abituarsi ad un livello di erogazioni almeno dimezzato rispetto al passato.

E LA COLPA? NON CERTO DI MUSSARI VERO? AHAHAHAAHAHAHA

venerdì 26 marzo 2010

MUSSARI : LE DOMANDE CHE NON TI HO POTUTO FARE:



Cari amici, mentre vi ascoltate questa bella canzone dedicata al MONTEPASCHI......

Ecco alcune delle domande che non mi hanno lasciato fare ieri a MUSSARI:

1) Il Montepaschi ha 10 miliardi di sofferenze.
Questo numero rappresenta quasi il 17% del totale delle sofferenze bancarie itaiane. La quota di mercato di MPS in Italia è inferiore al 10%. Nel solo ultimo anno le sofferenze sono aumentate di quasi il 25% (2 Miliardi). Non crede che la banca abbia bisogno di un aumento DI CAPITALE DI 3 MILIARDI per sopravvivere.

3) Gli asset intangibili sono pari a circa 8 miliardi. Visto che sono pari a oltre il 100% dell'intera capitalizzazione di borsa, credo che definire la situazione preoccupante sia limitativo. Non crede?

4) Quote in Banca d'Italia. La valutazione delle quote di banca d'Italia espresse nel bilancio è decisamente piu' alta rispetto a quella delle altre Banche in Italia. Ritiene corretta questa ipervalutazione? e perche'?

5) L'operazione sugli immobili che le permetterebbe di salvare il bilancio 2010 è stata bloccata da banca d'Italia, in quanto il ruolo di MPS era ambiguo (i soldi per l'operazione arrivavano da MPS stessa). Come mai avete pensato di mettere in pista una tale operazione che certo non ispira fiducia negli investitori e che preoccupa lo stesso Draghi?

6) Avete acquistato Antonveneta per 10 miliardi (comprensivo di quota interessi). Erano 1000 sportelli. Poi avete venduto degli sportelli per ottemperare all'antitrust per circa 5 milioni l'uno. Avete mai pensato a Svalutare l'acquisto di Antonveneta mettendo a perdita circa 5 miliardi?

7) Per acquistare Antonveneta avete dovuto dismettere assets per alcuni milirdi di euro,
fare un aumento di capitale di 5 miliardi
emettere un obbligazione fresh per 1 miliardo
emettere un subordinato per 2,2 miliardi di euro
ricevere 1,9 miliardi di Tremonti Bonds.
Non le sembra che la somma di queste cifre superi abbondantemente il costo per acquisite Antonveneta? A prima vista sembre che voi non avevate 1 solo euro per acquistare tale banca. Non considera l'operazione A DIR POCO AVVENTATA?

8) I maligni parlano di operazione Antonveneta ordinata dall'alto della politica e al tempo stesso da Geronzi (La Fondazione fra l'altro è divenuta socia di Mediobanca strapagando l'investimento azionario) . Si dice anche che Botin (Santander) abbia utilizzato tale profitto per...
Lei si sente vittima di tale operazione o CARNEFICE verso la Banca che Governa?

9) Tutti i media ricevono soldi in pubblicità dal MPS, è per questo che nessuno ha mai avuto il coraggio di mettere in discussione il suo operato, anzi, sono molti i giornalisti che la difendono (mentre molti analisti internazionali valutano sempre meno la sua banca)?

10) Non avete pagato il dividendo e l'infintesimale dividendo sulle risparmio per ora salva le cedole dei subordinati. Come pensate di riuscire a pagare la quantità immane di cedole dei subordinati e dei Tremonti Bonds?

11) Lei è stato recentemente in una scuola di Siena dove ha avvisato i ragazzi che il valore si crea senza la leva del debito. Nella realtà ha usato in maniera scellerata il debito per acquistare Antonveneta. Non le sembra di predicare bene e razzolare male?

12) Le ricordo che l'operazione di acquisto di Antonveneta è ancora oggi avvolta nel segreto profondo. Il contratto di acquisto non è mai stato reso pubblico. Non le sembra strano un tale atteggiamento a dir poco omertoso? Se una banca dovrebbe avere la fiducia dei clienti e dei correntisti dovrebbe operare in altra maniera, non trova?

13) MA PARLIAMO DELLA STRATEGIA DELLA BANCA:
A) LEI HA SCELTO PER TRASFORMARE LA BANCA IN UNA BANCA DEL TERRITORIO PROPRIO QUANDO IL TERRITORIO ITALIANO SI IMPOVERISCE PER LA CRISI.
B) LEI HA SCELTO DI VENDERE LE FABBRICHE DI PRODOTTO PREFERENDO ACQUISTARE I PRODOTTI DA ALTRI. COSI' FACENDO HA SVUOTATO DI COMPETENZE LA BANCA E DEVE SOLO INTERMEDIARE, IN UN MOMENTO IN CUI LA SPESA DEGLI ITALIANI SCENDE...L'INTERMEDIAZIONE NON PAGA. IL COSTO DEI PRODOTTI (DOVENDO GUADAGNARE IN DUE) E' TROPPO LATO.

Strategicamente, il suo piano industriale si è rivelato un fallimento. Non crede?


14) Lei ha dichiarato, piu' volte in questi anni, che se ne sarebbe andato via se non avesse portato la banca a guadagnare 2,2 miliadi di utile netto nel 2011. Oggi la banca chiude l'ultimo trimestre con una perdita di 180 milioni. Non le sembra evidente che ha fallito. Potrebbe quindi chiedere scusa alla banca e dare le dimissioni?


15) Con che coraggio ha accetato la candidatura a presidente dell'ABI? non le sembra che tale incarico debba esere dato a una persona che ha dimostrato grandi capacità manageriali? Inoltre l'immagine dell'Abi e delle banche italiane sarebbe messa in discussione con la sua elezione. La già scarsa fiducia da parte delle persone verso il mondo bancario, con la sue elezione sparirebbe. Non crede?

16) Mancini è il capo della Fondazione. Ma Mancini non sembra un grande stratega. E' lei che muove le scelte della Fondazione? Chi ha costretto la Fondazione a vendere i miliardi di obbligazioni sicure per sottoscrivere l'aumento di capitale del Montepaschi, facendo perdere flussi di reddito certi, flessibilità finaziaria, e possibilità di mantenere flussi di denaro verso il territorio?


17) INFINE CARO MUSSARI, ma a Roma chi la difende ancora? Quanti santi ha in paradiso, che ENORMI CREDITI ha da riscuorere nei palazzi romani? Caltagirone la difenderà fino a quando? e Casini, e Tremonti, e Berlusconi, e d'Alema, e Colannino, e.....

MA CARO MUSSARI E' SICURO CHE IL CIELO E' SEMPRE PIU' BLU?





A ME SEMBRA CHE IERI SI SIA FESTEGGIATA LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA CHE SI ABBATTERA' SU SIENA, SUL MONTEPASCHI E SULLA FONDAZIONE NEI PROSSIMI MESI!!!

martedì 23 marzo 2010

Dalla Banca due cattive notizie per Siena



Niente utili subito e possibile perdita del controllo domani

Gli articoli del Sole 24Ore sul Monte, specialmente quando firmati da Cesare Peruzzi, sono sempre ben informati sulle volontà del vertice della Banca senese e l’ultimo di essi, del 19 marzo, contiene alcune importanti conferme agli allarmi che già avevamo raccolto.
L’articolo finge all’inizio di incentrarsi su alcune notizie che dipinge come clamorose pur essendo visibilmente banali: una presunta volontà del Monte di diventare leader sulla piazza di Milano grazie all’invio in loco di un nuovo dirigente (!), il fatto che la ex (!) “banca dei comunisti” si affianchi a Caltagirone votando per Geronzi all’assemblea di Generali. Fa poi un po’ di applausi alla politica di espansione attuata dal Monte (a partire dalle vacchie operazioni Mantova e Vercelli fino all’Antonveneta) e citando, come fosse una novità, l’asse proprietario tra Fondazione, Caltagirone, Axa e Unicoop Firenze.
Ma qui si arriva al primo punto veramente importante: al fatto cioè che i dividendi della banca, già crollati a circa 100 milioni lo scorso anno (circa 60 alla Fondazione), “probabilmente quest’anno non ci saranno” ci dice Peruzzi fornendoci una spiegazione un po’ fuorviante. Dopo aver accennato, quasi in sordina, al fatto che l’utile finale della Banca sarà di circa 200 milioni (fu di 1.453 milioni nel 2007 e di 931 nel 2008, aggiungiamo noi) afferma che “Rocca Salimbeni pensa soprattutto a rafforzare il patrimonio, come vuole Bankitalia”. Con soli 200 milioni? E’ chiaro che si vuol dare una motivazione “virtuosa” a ciò che è invece una chiara dimostrazione di debolezza. Resta il fatto che la richiesta di Mancini di veder almeno raddoppiati i dividendi dello scorso anno, come avevamo previsto, è respinta con sufficienza.
Viene inoltre confermata, con altrettanta noncuranza, una ipotesi finora volutamente ignorata dai vertici istituzionali locali e dai responsabili politici della maggioranza di centrosinistra e del Pdl. Il Sole 24Ore ci dice infatti che i vertici del Monte, dopo il previsto miglioramento dei suoi indici patrimoniali con il ricorso ai Tremontibond per 1,9 miliardi, ed in attesa che si sblocchi in Bankitalia e Consob la vendita degli immobili di proprietà e che si proceda alla cessione anche del settore del credito al consumo, “si riservano di valutare l'eventualità di manovre sul capitale a fine 2012”. Tradotto in parole povere: cominciano a farci capire che potrebbe non tardare un nuovo aumento di capitale che porterebbe la Fondazione, impossibilitata a fronteggiarlo, a perdere la quota di maggioranza sulla Banca.
Le altre chiacchiere sul futuro personale di Mussari e quant’altro, ci interessano ben poco!

mercoledì 17 marzo 2010

Ed ora spendiamo sulle nanotecnologie


La Fondazione Montepaschi "entra" nelle nanotecnologie
C’è da essere contenti o dobbiamo preoccuparci?

Grande risalto sui quotidiani locali, la scorsa settimana, all’annuncio pubblico della costituzione di una nuova società a Poggibonsi per iniziativa della Fondazione Monte e della Scuola Normale di Pisa: la Siena Nanotech. Pur se collocata in un momento solitamente sospetto come quello preelettorale, l’iniziativa ha avuto tutte le carte in regola per suscitare “clamore”, sia per la notorietà locale dei presentatori (Martini, Bezzini, Mancini, Bonechi) che per quel termine, “nanotecnologia”, che solo a sentirlo evoca quanto di più avanzato si possa immaginare.
La nanotecnologia è una scienza che si occupa del controllo della materia su dimensioni inferiori al micrometro per realizzare dispositivi più che microscopici. Si parla quindi di manipolazione della materia a livello atomico e molecolare ed è talmente recente che lo stesso termine appare la prima volta solo nel 1986, quando si teorizza anche che i robot molecolari progettati dall’uomo possano in futuro “autoreplicarsi”, proprio come fanno le cellule, utilizzando autonomamente atomi ed energia. Di fatto, fino al 2009, le realizzazioni pratiche sono scarsissime, mentre nel frattempo cresce l’allarme per una tecnologia che potrebbe permettere la costruzione di armi di distruzione di massa autoreplicanti e che, allo stesso tempo, fa insorgere problemi etici simili a quelli riguardanti gli OGM (organismi geneticamente modificati) o la clonazione umana.
Di tutto questo non vi è traccia nella cronaca fornita dalla stampa locale, come nulla si apprende sui volumi di capitale e sui tempi necessari per produrre del reddito da un’iniziativa di ricerca in questo settore. Ciò che è chiaro è che la Fondazione assume un impegno senza ritorno investendo direttamente nel patrimonio della nuova società. Ed è altrettanto chiaro, come quando fu creata Siena Biotech, che si sta per costruire il fabbricato destinato ad accogliere la nuova società: “prima pietra entro il 2010 e lavori terminati nel 2011” ha dichiarato Bonechi a nome della Sansedoni che si è incaricata della parte immobiliare. Al primo punto, ancora una volta ed anche di fronte alle mitiche nanotecnologie, quello che conta è versare un bel po’ del vecchio caro cemento. Poi si penserà ad assumere dei ricercatori e degli impiegati da retribuire e si sceglieranno i settori dove esplorare. E, per eventuali futuri ricavi, per quello che normalmente si chiama “creazione di ricchezza”, se son rose fioriranno.
da Settimanale Zoom n. 37 del 17/3/2010

L’Antonveneta entra nelle nostre case

L’Antonveneta entra nelle nostre case

I senesi iniziano a rendersi conto, nella vita di tutti i giorni, di cosa ha significato l’errore compiuto dal Presidente Mussari acquistando, al doppio del suo valore e nel momento più inopportuno, la Banca Antonveneta.
Se ne accorgono quando vanno a pagare le quote della mensa comunale, che sono già aumentate a causa della riduzione dei trasferimenti della Fondazione Montepaschi a favore del Comune di Siena: il bilancio preventivo comunale ci ha detto che si tratta di sei milioni e mezzo di euro in meno. Ma se ne stavano già accorgendo i dipendenti dell’Università di Siena la quale, investita da una crisi inimmaginabile, non ha potuto trovare alcun sostegno finanziario a livello locale. Come pure se ne è accorto chi assiste alle difficoltà operative della Chigiana o coloro che devono fare i conti con l’aumento delle bollette per i servizi forniti dalle società partecipate dal Comune.
Sta purtroppo finendo il benessere in più che in qualche modo è arrivato in questi anni dalla banca senese, soprattutto tramite la Fondazione, e le famiglie prendono coscienza dei problemi direttamente nella vita di tutti i giorni. Il fiume dei trasferimenti, che negli ultimi anni è ammontato a quasi duemila miliardi delle vecchie lire, non solo si sta riducendo e rischia di disseccarsi, ma non è stato nemmeno utilizzato da chi ha governato le istituzioni locali per rafforzare la nostra economia mettendola così al riparo dagli effetti di una crisi possibile e che in effetti stiamo vivendo.
In questa situazione i nostri giornali di cosa si interessano? Del fatto se Mussari andrà o meno a fare il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana! Un fatto che certo non può portare nessun beneficio ai senesi ed il cui esito, comunque, non è affatto scontato. La corsa verso l’ABI del presidente calabrese della banca senese si è infatti complicato e il concorrente Faissola, rappresentante delle piccole e medie banche, non si è ritirato e lotta all’ultimo voto, mentre è sempre possibile una terza soluzione tra Mussari e Faissola. Il tifo per l’ipotesi Mussari, almeno qui a Siena, ha comunque un sapore equivoco. C’è infatti chi pensa che, con la nomina all’ABI, possa scattare, come dire, una incompatibilità almeno morale con il mantenimento della presidenza della Banca Mps. Liberandosi così di chi, in questi 10 anni, ha acquisito il record di distruzione della ricchezza collettiva della nostra comunità.
Azazel
da Settimanale Zoom n. 37 del 17/3/2010

I nodi stanno venendo al pettine

I nodi stanno venendo al pettine
In Banca ed in Fondazione siamo al punto di svolta


Impossibile far finta di niente! Il Montepaschi sta vivendo un nuovo cambiamento cruciale e la collettività senese, che ne ha già percepito i primi segnali, sta prendendo coscienza della nuova situazione e di come e da chi è stata creata.
Questo il senso dell’iniziativa pubblica di venerdì scorso a Palazzo Patrizi dove le Liste Civiche Senesi sono partite del primo grande cambiamento avuto con la scomparsa del vecchio istituto di diritto pubblico che cresceva lentamente ma continuamente mettendo da parte tutto il possibile. Il Monte Spa, prendendo il suo posto, ha agito all’opposto per un intero decennio, portando alla luce tutte le riserve e trasformandole in utili, dando così soddisfazione immediata ai soci e quindi anche alla fondazione, ma indebolendo il patrimonio della Banca. La Fondazione ha così distribuito quasi 2.000 miliardi delle vecchie lire al nostro territorio, una cifra mostruosa della quale purtroppo si vedono ben pochi segni e che non ci ha messo affatto al riparo dagli effetti della crisi in corso.
Quando, nel novembre 2007, con i sintomi della crisi già nell’aria, il Presidente Mussari ha deciso di acquistare la Banca Antonveneta pagandola l’enormità di 10 miliardi di euro, quella fase di “ubriacatura” è finita. Per quell’acquisto infatti il Monte non aveva serie disponibilità di risorse e, per circa la metà, si è dovuto indebitare, mentre per l’altra metà ha dovuto collocare nuove azioni tra i soci, portando la Fondazione a cedere tutte le sue obbligazioni (circa 3 miliardi di euro) che le davano reddito e che rappresentavano una preziosa scorta anche per eventuali necessità di rafforzare il patrimonio della Banca.
I pesanti effetti che quell’acquisto sconsiderato avrebbero prodotto erano talmente prevedibili che non solo furono sottolineati dalle Liste Civiche in ben due iniziative pubbliche (del febbraio e del novembre 2008) e in interventi nelle assemblee della banca, ma che furono anche registrati dai mercati portando le quotazioni dell’azione Monte ad un crollo ben superiore ai cali generali causati dalla crisi.
Il seguito è attualità: la Banca ha patito una carenza patrimoniale tale da dover ricorrere al costoso prestito governativo di 1,9 miliardi tramite i Tremonti bond, fa fatica ad attuare a prezzi dignitosi la vendita richiesta dall’antitrust di 150 filiali, ha cedeto tutte le strutture che creavano i prodotti per la clientela riducendosi a commercializzare prodotti di terzi, ha ipotizzato una vendita di tutti gli immobili di proprietà per ora bloccata dalla Banca d’Italia. Ma, soprattutto, ha cominciato a non produrre più utili dalla sua attività e, già lo scorso anno, ha chiuso il bilancio 2008 con una perdita prima delle imposte fronteggiata solo grazie a un beneficio fiscale straordinario. Di conseguenza, la Fondazione vede crollare le sue entrate aprendo preoccupanti prospettive per il futuro suo e di tutta la collettività locale.
Gli autori di tutto questo non sono affatto ignoti e, ciascuno per la sua parte (vertici della Banca, della Fondazione, del Comune e della Provincia, oltre alle forze politiche della maggioranza locale e dell’opposizione acquiescente), devono assumersi le proprie responsabilità.

Da Settimanale Zoom n. 37 del 17/3/2010

lunedì 15 marzo 2010

NOI CI SAREMO!!! MUSSARI DOVRA' RISPONDERE A UN PO' DI NOSTRE DOMANDE!!!

Andremo alla presentazione agli analisti finanziari e giornalisti dei conti 2009 della Banca.

Scommettiamo che ci sarà da divertirsi!!!

Banca Monte dei Paschi di Siena
is pleased to invite you to the presentation of the Montepaschi Group 2009 Results

which will be held On Friday, 26 March at 10:30 (CET)at Borsa Italiana Piazza degli Affari, 6 - Milan by

Giuseppe Mussari, Chairman
Antonio Vigni, Chief Executive Officer
Marco Massacesi, Deputy Chief Executive Officer and Group CFO

MUSSARI, MA L'AUMENTO DI CAPITALE LO ANNUNCI?

domenica 14 marzo 2010

BENVENUTI IN QUESTO NUOVO SITO


dedicato a tutti quei senesi che sono stufi di dormire e di farsi prendere per il naso!

Mercato Libero ha deciso di dedicare un sito alle disavventure del MONTEPASCHI E DELLA FONDAZIONE SENESE.

I prossimi mesi il MPS dovrà varare un grande aumento di capitale (0,6, 0,7 euro per azione) la Fondazione scenderà sotto il 50%, la città perderà la sua banca.

NOI LO RACCONTIAMO A TUTTI DA DUE ANNI E MEZZO mentre i giornali, i politici e la casta fa finta di nulla, anzi, tutti lì pronti a difendere l'operato della dirigenza del MPS.

E I PROSSIMI 12 MESI VI RACCONTEREMO LA FINE DI QUESTA TRISTE STORIA, CHE VEDRA' GENTE COME MUSSARI, VIGNI, MANCINI, PARLANGELI USCIRE A TESTA ALTA DI SCENA CON MILIONI DI EURO GUADAGNATI IN QUESTI ANNI DI CATTIVA GESTIONE E SCELTE SBAGLIATE.

E ai senesi...non resterà che piangere....

Tutti voi siete invitati a scrivere a mercatiliberi@gmail.com raccontando quello che sapete sull'operato della banca e della dirigenza.

E' ovvio che Mercato Libero ha trovato persone che scriveranno sul Montepaschi e che ci aiuteranno in maniera sostanziale in questa campagna d'informazione. Mercato libero mette a disposizione altri spazi dedicati a parlare e fare informazione di altre aziende e banche (sia gestite bene che gestite male. Se tutti ci diamo una mano...tutti saremo piu' forti!)

LA FONDAZIONE MPS E I 50 ANNI DI PARLANGELI!


Un quotidiano locale ha riferito una notizia marginale, il fatto cioè che il Provveditore della Fondazione Monte, Marco Parlangeli, ha festeggiato i suoi 50 anni cenando con alcuni dirigenti di banca e politici locali.

Ma un compleanno può diventare significativo se è l’occasione di un bilancio, tanto più se parliamo di un Provveditore che è in carica da sette anni e che, in tale veste, ha proposto alla Deputazione Amministratrice tutte le strategie di questo lungo periodo.


E’ stato lui, ad esempio, a proporre di non pagare le tasse sui dividendi percepiti e poi a gestire il conseguente contenzioso fiscale che ha visto la condanna a pagare 160 milioni di euro, oltre agli interessi e ad una penale di altri 160 milioni, ridotta in seconda istanza ma ancora sottoposta al rischio di un ricorso dell’Erario.

Nel novembre 2007, in aggiunta alla già esistente partecipazione in Intesa Sanpaolo, la Fondazione ha poi acquistato per 256 milioni di euro una partecipazione in Mediobanca che, al prezzo di chiusura di fine febbraio, presentava una perdita
di oltre 133 milioni. Complessivamente, le due partecipazioni, alla stessa data, presentavano una perdita di 232 milioni di
euro.


In compenso il Parlangeli siede nel consiglio di amministrazione di Mediobanca e il suo curriculum ne ha certo beneficiato,
ma il territorio cosa ci ha guadagnato?

Veniamo poi alla madre di tutte le distruzioni di valore, l’operazione Antonveneta. La Fondazione, per far fronte a tale
operazione, ha subito un salasso patrimoniale senza eguali versando altri tre miliardi di euro circa nella propria partecipazione
in Banca MPS.
Quei 1000 sportelli Antonveneta, che nel maggio 2008 sono stati pagati 9 miliardi di euro più 232 milioni di interessi, agli
attuali prezzi dell’azione Monte valgono oggi circa 2,5 miliardi di euro. La loro perdita di valore è di 6,8 miliardi, dei quali 3,9 di pertinenza della Fondazione.
Da rimarcare poi che la Fondazione, nel mentre concentrava oltre il 90% del proprio patrimonio nella partecipazione in Banca
MPS, non ha effettuato nessuna operazione di copertura, come il buon senso finanziario avrebbe consigliato, per limitare le perdite che si sono poi realizzate.

E sul lato delle erogazioni? Anche qui l’operato del Provveditore non ha prodotto miglioramenti perché, leggendo i bilanci
della Fondazione, vediamo che, nonostante gli annuali proclami, sussistono oltre 300 milioni di euro di erogazioni disposte
ma non incassate, che costituiscono una chiara e grave inefficienza: somme ingenti cioè che, invece di entrare nel sistema
economico e sociale senese, sono rimaste inoperose per anni nella casse della Fondazione.

Citiamo infine Siena Biotech, società di proprietà della Fondazione e della quale il Provveditore è Presidente; costata oltre
90 milioni di euro in erogazioni, ad oggi non ha prodotto un euro dall’attività produttiva ed ha solo incassato qualche contributo europeo.

Un quadro d’insieme che non sollecita certo festeggiamenti.

E il Mancini, a Siena si dice che tutti, ma proprio tutti, quando passa per strada...RIDONO DEL SUO OPERATO!!!